Come possiamo governare la vita organizzativa in tempi di profondi cambiamenti? In che modo una forte sollecitazione può favorire un ripensamento di mindset gestionale e organizzativo? E quali sono le competenze necessarie per affrontare tutto questo?
Dopo quasi due anni di emergenza sappiamo ciò che è successo. Aziende che sono state costrette a chiudere, imprese che si sono riorganizzate riuscendo ad adattarsi alla situazione, per arrivare a quelle realtà che hanno visto un incremento di fatturato, anche notevole, e una crescita in termini di assunzioni. A prima vista, potremmo esclamare: “è la selezione naturale!”. Ma non è così, la realtà è ben più complessa. Guardiamo allora più da vicino un dato: i singoli contesti e i macrocontesti di riferimento contano e condizionano; allo stesso tempo, in un movimento ricorsivo, i singoli influenzano e condizionano il contesto.
Quali pratiche e quali strumenti necessari?
Quali sono allora le pratiche, che alcuni chiamano strumenti, necessarie per affrontare il day by day della vita organizzativa e che, allo stesso tempo, danno la possibilità di allenarsi anche a situazioni potenzialmente critiche?
Prima di rispondere alla domanda, soffermiamoci un attimo su un dato di natura sistemica.
E’ come se vivessimo at the edge of chaos. O, forse, lo stiamo vivendo davvero. E la notizia sensazionale è che non è necessariamente uno stadio negativo, se alla parola caos riconosciamo una sfumatura di senso allargata. Cosa voglio dire? Siamo parte di sistemi viventi, umanità, gruppi continentali, singoli paesi, organizzazioni, gruppi familiari, ecc. I sistemi, cioè qualcosa che “sta insieme”, evolvono passando tra stadi differenti, scegliendo, di volta in volta, tra una o più possibilità che potenzialmente coesistono. Nel momento della scelta si condensano una serie di dinamiche che per un certo lasso di tempo “costringono” il sistema a vivere un momento di turbolenza, anche molto forte. Ad un certo punto, il sistema prende una direzione: breakdown oppure breakthrough, caduta oppure salto evolutivo. In altri casi, i sistemi sembra che non scelgano un bel niente; come dire, le cose accadono e basta, come per la Pandemia. In realtà, le scelte ci sono sempre, magari non palesi, non chiare, bensì indirette, sotterranee, ma ci sono e ne vediamo gli effetti solo quando si presenta un “evento inatteso”:
“Si può prevedere il futuro? Se per futuro intendiamo ciò che accadrà quel preciso istante di quel giorno dato, la risposta è no. L’inatteso e l’imprevisto incombono su di noi e sulla nostra vita. […] Ma rispetto all’inatteso e all’imprevisto, la domanda è un’altra: possiamo preparaci a qualcosa di cui ignoriamo il tempo del suo accadimento? La risposta in questo caso è sì.”
Bene, la questione si sposta alla preparazione, all’allenamento, si sposta verso la capacità di immaginare ciò che non esiste. Ovvero, facendo leva sulle competenze, sulle conoscenze e, con le dovute cautele, sulla storicità degli eventi, siamo in grado di iniziare a considerare le condizioni di partenza per organizzare le risorse e prepararci alle variabili. Tutto questo è importante quanto il raggiungimento di obiettivi a breve-medio termine e di risultati a lungo termine.
Competenze e azioni efficaci
Ora ritorniamo alle domande iniziali e proviamo a rispondere, indicando tre competenze e azioni efficaci per governare la vita organizzativa.
Prima di tutto il concetto di responsabilità degli attori organizzativi, che hanno il compito di monitorare in modo più oculato il divario tra la difficoltà dei compiti da affrontare e il clima organizzativo, in un processo che non ritenga primaria la performance senza dedicare attenzione al senso e al significato del lavoro. Senso e significato del lavoro che si costruiscono intrecciando la cultura organizzativa con il bagaglio culturale e di competenze dei singoli collaboratori e viceversa.
Dalla responsabilità, poi, si passa alle azioni riguardanti la formazione aziendale che è importante sia dedicata non solo alle Hard Skills ma anche alle Soft Skills, come la comunicazione, la gestione del tempo, la collaborazione e la cooperazione, la gestione dei conflitti, la capacità di lavorare e armonizzare in gruppo, la valorizzazione delle differenze, la cura delle emozioni, la capacità di condurre un gruppo, la capacità di raggiungere obiettivi e risultati, il Problem Solving, ecc. Stiamo parlando di quel gruppo di competenze relazionali che favoriscono l’engagement, la motivazione e il senso di appartenenza. Ne deriva un contesto in cui i valori, le regole, i piani e i programmi diventano chiari e condivisi, così come chiari diventano i ruoli e le responsabilità. Oltre alla Soft Skills, si sono aggiunte le Digital Soft Skills ovvero quelle competenze utili per lavorare bene e in modo efficace in un mondo dove la digitalizzazione diffusa sta assumendo un ruolo importantissimo.
Dalle competenze, Sapere, saper essere e saper fare, si arriva a uno dei temi forse più rilevanti: la gestione del cambiamento. In momenti di criticità le aziende reagiscono in modo molto simile a un singolo organismo. Se il cambiamento è favorito dall’attore primario allora sarà preparato, incentivato e vissuto come opportunità. Se, invece, è causato da agenti esterni le risposte posso essere diverse. Una di quelle abbastanza diffuse è creare sistemi di gestione interna nuovi e sempre più dettagliati, che si vanno a sovrapporre a quelli già esistenti, nella convinzione di creare modelli al fine di controllare meglio ciò che sta succedendo. In realtà, se si agisce così non facciamo altro che difenderci da ciò che ci spaventa; in altre parole, non stiamo diventando più efficienti, ci stiamo irrigidendo fino al punto di fermarci. Se ci irrigidiamo non facilitiamo lo sviluppo dell’intelligenza collettiva che invece è una risorsa preziosa; essa consente e favorisce la capacità cognitiva dell’impresa che è un soggetto autopoietico, dipende, cioè, per la sua unità dall’interdipendenza dei processi interni e, per la sua identità dall’autonomia (nel senso di “autonomia nella relazione”) che realizza distinguendosi dall’ambiente esterno.
Nel prossimo futuro, che non è un tempo da raggiungere faticosamente ma che è necessario favorire e immaginare con la formazione, l’attenzione verso i collaboratori, la cura del clima aziendale e la gestione dei cambiamenti saranno, più di quanto non lo fossero fino a poco tempo fa, tre pratiche alla base di una buona vita organizzativa che sappia conciliare Hard Skills, Soft Skills e Digital Soft Skills.
Riferimenti
G. Cepollaro, U. Morelli, Senso e misura. La valutazione nelle organizzazioni, ETS, 2016
A.M. Iacono, L’inatteso, Passioni&Linguaggi, 1 gennaio 2021 https://www.passionelinguaggi.it/2021/01/01/linatteso/
A.E. Tangolo, G. Brucciani (a cura di), Percorsi umani per il Business. Coaching e consulenza di Analisi Transazionale per le imprese 4.0, Percorsi di Analisi Transazionale, 2019
G. Varchetta, L’ambiguità organizzativa, Guerini e Associati, 2007
G. Varchetta, La solidarietà organizzativa, Guerini e Associati, 2021 (seconda Edizione)
Autore
Giacomo Brucciani, Formatore, Coach e Consulente, Docente nei percorsi di formazione di PerFormat Business