Come un’onda che si avvicina e poco dopo scompare in se stessa, per poi riproporsi altre cento, mille volte. Parlare di leader e della leadership è un po’ così: in certi periodi sembra essere un parlare importantissimo, quasi imprescindibile; in altri momenti, invece, diventa ridondante, scontato.
Bene, il contesto che da più di due mesi stiamo vivendo, con tutte le paure, le incertezze, i dubbi, le preoccupazioni, ha fatto riemergere la questione del leader, ancor più forte che mai, e siamo addirittura arrivati a parlare di eroi, che, però, non vogliono essere definiti tali.
Poco prima che scoppiasse in tutta la sua urgenza la pandemia, il 27 gennaio 2020 è uscito un articolo su Il Sole 24 ore online che illustrava la ricerca compiuta dal World Economic Forum (in collaborazione con la società Accenture) denominata “Seeking New Leadership”. In poche parole, la ricerca enuclea i tre capisaldi della nuova Leadership in “inclusione, innovazione, obiettivi condivisi, necessari per competere nell’era dello stakeholder capitalism, finalizzato a migliorare l’impatto sociale e ambientale del business, partendo da solide basi organizzative”. Questo studio è stato presentato alla Conferenza di Davos, svoltasi appunto a gennaio 2020, durante la quale è stato proposto un nuovo Manifesto, sostenuto dal Klaus Schwab (Founder and Executive Chiarman del World Economic Forum), in cui si parla dell’impegno sociale e ambientale che le aziende, pur rimanendo tali, non possono più eludere.
Questo esempio è indicativo di una certa direzione che a livello internazionale sta prendendo la discussione sulla leadership, per lo meno nel contesto economico. Ma anche in altri settori e con una metodologia decisamente transdisciplinare (si pensi alle ricerche condotte dai ricercatori della World Academy of Art & Science). Pertanto, c’è chi sostiene che il leader aziendale debba essere distinto dal leader politico, c’è chi, basandosi sulle ricerche più recenti relative all’auto-organizzazione e all’emergenza nei sistemi complessi sociali, parla di leadership e potere diffusi e isomorfi. Fatto sta, che probabilmente possiamo individuare delle caratteristiche che stanno alla base dell’efficacia della leadership. Caratteristiche che non inficiano sviluppi particolari e la possibilità di diversi tipi di leader; diversi percorsi di formazione; diverse motivazioni e obiettivi.
Sicuramente, del leader sono proprie la vision, la progettualità, il futuro; il carisma; la centralità. E proprio in virtù di queste caratteristiche è importante far emergere il rapporto tra il leader e le persone che “conduce”. Siamo tutti abbastanza d’accordo che il leader sia una persona di riferimento, che guida, che dà il buon esempio, che racconta una storia condivisa, che sa gestire le proprie e le altrui emozioni, che incarna un bisogno, che dà speranza nei momenti difficili, che sa essere comprensivo ma deciso, ecc. Per “condurre”, però bisogna essere riconosciuti e aver costruito contesti creativi e generativi tali da diffondere idee, valori, progetti e scambi.
Allora, per essere riconosciuti bisogna conoscere la nostra visione del mondo, basata su uno stile comunicativo chiaro, un modello comportamentale e sulle nostre motivazioni profonde. In altre parole, è necessario conoscere a fondo qual’è il nostro equilibrio. Il rischio della mancata conoscenza? Oscillare tra posizioni poco chiare, oppure troppo sbilanciate su sfumature particolari, oppure non efficaci, come per esempio:
- attribuire scarso peso alle opinioni altrui, essere poco propensi a cambiare idea, occuparsi molto degli altri (ma sempre in posizione dominante), avere categorie logiche binarie giusto-sbagliato/bene-male, controllare il lavoro degli altri in maniera assillante e preoccuparsi soprattutto del rispetto delle regole;
- essere motivati dalle novità, dai giochi, dal rischio, dal divertimento (perciò giudicati inaffidabili), tenere prioritariamente conto delle proprie esigenze, essere una compagnia ideale nei momenti di svago, e se di cattivo umore diventare facilmente crudeli, egoisti, sarcastici;
- essere freddi ed eccessivamente distaccati dagli altri, intelligenti e molto logici, molto affidabili nell’esecuzione di compiti che non richiedono manifestazioni emotive, fare domande, “cosa”, “perché”, “per quale ragione”, “dove” ecc., non esprimere emozioni in pubblico e giudicare negativamente chi lo fa.
La persona consapevole e in equilibrio dinamico è l’ideale a cui tendere: stabilisce regole chiare ed elabora la cultura del gruppo, sa parlare alla logica e alla ragione dei componenti del gruppo e sa, perché lo fa con sé, prendersi cura e soddisfare i bisogni emotivi delle persone. Guidare, prendersi cura, essere attenti e, infine, saper riconoscere il valore e il lavoro degli altri: tutto questo significa saper dare e ricevere riconoscimenti relativi all’essere (incondizionati) e al fare (condizionati):
- per cortesia seguimi tu quel problema, so che di te mi posso fidare;
- purtroppo quell’elaborazione è andata male. Ma confido che il lavoro da lei svolto e la sua esperienza sull’argomento la aiutino a rimediare questo problema;
- non ne azzecchi mai una. Dovresti cambiare mestiere.
Conoscere queste modalità permette di favorire la creatività, così come permette di comprendere l’ansia che si genera nel momento di un cambiamento, di un evento inaspettato, oppure di fronte a una proposta di avanzamento, che teoricamente stimola e affascina, ma che al contempo può inibire i comportamenti, generando ansia appunto. In ogni modo, chi guida è in grado di far vedere e sperimentare a chi è guidato le possibilità individuali i loro eventuali sviluppi.
Oggi, infatti, si parla molto nell’ambito organizzativo-aziendale di leadership diffusa e team agili: un nuovo modo di intendere il lavoro e la sua distribuzione, di intendere i ruoli e le loro funzioni e di rivalutare la cooperazione e la collaborazione all’interno delle aziende e tra azienda e contesto sociale. Un movimento circolare virtuoso, a favore del singolo e contemporaneamente del contesto.
Bibliografia
Kets de Vries, M.F.R. (2019). Leader, giullari, impostori. Sulla psicologia della leadership. Milano: Raffaello Cortina.
Morelli, U. (2013). Contro l’indifferenza. Possibilità creative, conformismo, saturazione. Milano: Raffaello Cortina.
Stewart, I., Joines, V. (2000). L’analisi transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani. Milano: Garzani.
Tassan, R. (2004). Leadership & Analisi Transazionale. Come migliorare le proprie capacità manageriali. Milano: FrancoAngeli.
Tomasello, M. (2010). Altruisti nati. Perché cooperiamo fin da piccoli. Torino: Bollati Boringhieri.
Venturi, S. (2019). Sapete essere un buon leader? Milano: Harvard Business Review.
https://www.ilsole24ore.com/art/l-azienda-migliora-se-leadership-valorizza-esigenze-stakeholder- AC04rtDB
https://www.weforum.org/agenda/2019/12/why-we-need-the- davos-manifesto-for-better-kind-of-capitalism/
https://www.eticanews.it/in-breve/davos-manifesto- nessuna-alternativa-allo-stakeholder-capitalism/
https://www.ilsole24ore.com/art/piu-che-leadership-abbiamo-bisogno-saggezza-ACBEz3M
https://www.ilsole24ore.com/art/nuovi-modelli-leadership-un-mondo-interconnesso-ADCqvL?fromSearch
Scritto da:
Giacomo Brucciani
Docente nei percorsi di formazione di PerFormat Business, è consulente organizzativo. Si è laureato in Filosofia e ha un dottorato in Storia.
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