Un dialogo tra Irene Massai e Mirko Vanni

Abstract

L’intervento, originariamente presentato nell’ambito del workshop Dinamiche psicologiche di famiglia nelle imprese italiane: crisi, crescita, cambiamenti organizzato da PerFormat e tenuto a Navacchio (PI) il 10 gennaio 2015 nell’ambito del ciclo Salotti dell’Innovazione, affronta la delicata questione del passaggio generazionale attraverso la rilettura di un’esperienza di consulenza. La “doppia voce” del consulente e dell’azienda permette di individuare i diversi punti di vista su che cosa abbia realmente favorito un passaggio generazionale di successo che ha portato l’azienda a crescere coniugando continuità e innovazione. L’intervento sottolinea alcuni ingredienti per un efficace passaggio generazionale tra i quali l’attenzione alla fase del ciclo di vita vissuto dall’azienda, da chi lascia e da chi prende.

Parole chiave: passaggio generazionale, cambiamento, comunicazione, innovazione

Irene: Quello della famiglia Biagiotti è un caso di successo: quando noi consulenti siamo entrati nella loro azienda era “una”, quando ne siamo usciti erano “tre”. Non perché ci sia stata una diaspora al suo interno, né perché qualcuno se ne sia andato, ma perché il passaggio generazionale che loro hanno attuato ha funzionato. Il passaggio è stato guidato da una fiducia nei confronti dei successori, non regalata ma conquistata da loro stessi. Questa ha portato alla nascita di due nuove imprese, strettamente collegate alla prima: una si occupa in modo specifico della vendita, una del trasporto, entrambe legate ai prodotti. Mi piacerebbe fare a Mirko alcune domande e stimolarvi a riflettere attraverso due lenti: la prima, con la quale guardare al passaggio generazionale dal punto di vista dell’azienda, e la seconda, con la quale riflettere sul passaggio generazionale dal punto di vista del consulente. Ciò ci permette di capire l’impatto del passaggio e le impressioni che se ne sono ricavate.

Parto con una prima domanda, dunque: da cosa è nato il bisogno di lavorare sul passaggio generazionale?

Mirko: Per cominciare, vorrei farvi un quadro di quello che la nostra realtà aziendale è stata ed è adesso. Chi ha fondato questa azienda è legato a Torre del Lago e alla famiglia Puccini. Oggi è al terzo passaggio generazionale e ha vissuto un’evoluzione complessa: parte da un piccolo giardino, una piccola serra, una dinamica territoriale ristretta (quella del Centro-Italia) per diventare una realtà più grande, con rapporti con l’Europa. Parte da un dipendente e arriva ad avere cinquanta-sessanta dipendenti, diventa un vivaio con strutture ultra-moderne, introdotte nel 2009. È evidente che i primi due passaggi generazionali sono avvenuti in un contesto economico molto diverso dall’ultimo. Dal più recente è nata l’esperienza con Performat: abbiamo capito che le nostre esigenze si erano diversificate. Non abbiamo solo cambiato la sede (ci siamo spostati da dove abbiamo lavorato per sessant’anni): è cambiato tutto. Ciò è stato possibile affrontando la resistenza al cambiamento, confrontandoci con il passaggio generazionale. L’azienda era abbastanza longeva dal punto di vista professionale: chi entrava non usciva più, come succede di solito ad un dipendente statale. Biagiotti è diventata famosa per non avere mai licenziato nessuno in questi anni. Si tratta di un fenomeno atipico, positivo in questo momento storico ma con almeno un lato negativo: si trascinava dietro abitudini secolari. Ci siamo trovati così in una doppia crisi: da un lato quella del cambio della sede, dall’altro quella del cambio generazionale. È esplosa così una vera e propria bomba interna. Si sono create fazioni, gruppi tra i dipendenti, sono nate dinamiche interne non più gestibili e che hanno necessitato di un parere esterno che capisse quali fossero i reali problemi: non i problemi operativi, sempre più facili da risolvere perché evidenti, non i micro-problemi ma i macro-problemi, quelli che riguardavano l’organizzazione, la struttura, la comunicazione. C’era bisogno di qualcuno che sapesse passare al setaccio questi tipi di problemi e fare uscire ciò che c’è di buono, che è sempre presente in un’azienda ricca di esperienza ma necessita di essere focalizzato. Le criticità vissute ve le ho un po’ descritte: non so quanto i fondatori dell’era moderna (che parte dagli anni Settanta, quella dello sviluppo aziendale più evidente), i vecchi soci, siano stati tenaci nel tenere il loro posto o quanto i nuovi non fossero pronti nonostante pensassero di esserlo. Era una bilancia che non riusciva mai a restare in equilibrio.  Sono personalmente attore e testimone esterno e, dal mio punto di vista, ho senz’altro io stesso subito un cambiamento generazionale. L’azienda era nata negli anni Settanta col tipico modello di azienda familiare, “due soci e un ragioniere”, che ritroviamo nelle storie di tanti grandi gruppi imprenditoriali italiani. La parte economica attualmente non dà grossi riscontri perché, purtroppo, avere  grossi riscontri e successi finanziari adesso è difficile. È necessario far capire di essere in grado di lavorare, che la strada è quella giusta, che il percorso indicato è quello prescelto, che si può resistere sul mercato: e ora proprio il fatto che stiamo resistendo rappresenta la conferma che siamo sulla strada giusta, insieme al fatto di aver creato altre due aziende e di aver aumentato il numero dei  nostri dipendenti, riuscendo a creare economia in un territorio difficile. Penso che qualcuno di voi conosca la Versilia: oggi è difficile fare economia in tutta Italia, e a Viareggio in particolare. Non è facile ma nel nostro piccolo ci proviamo.

Irene: Vorrei farvi vedere attraverso la doppia lente, come dicevo prima: voglio descrivervi ora la mia esperienza, la realtà che possiamo vedere attraverso la lente del consulente. Ricordo benissimo le prime volte che sono entrata in Biagiotti e sono rimasta molto colpita dall’anzianità di servizio. C’erano persone che erano cresciute all’interno dell’azienda: non si chiamavano Biagiotti di cognome ma si sentivano comunque Biagiotti. Affermavano: “Io sono l’azienda”. C’era un fortissimo senso di appartenenza e ricordo di essermi fatta una delle domande che hanno successivamente generato quello che è il convegno di oggi: come possiamo fare in modo che questi elementi, che sono un grosso punto di forza, possano rimanere tali e non vadano a trasformarsi in un elemento di criticità? Il rovescio della medaglia è: “Io sono l’azienda, io qua lavoro fino a venti ore al giorno, lo so io come si fa!”. Questo atteggiamento può diventare paralizzante e ostacolante di fronte a tutto quello che è cambiamento. Abbiamo citato più volte durante il convegno il binomio continuità-innovazione. Ricordo benissimo quando entravo le prime volte in azienda e mi chiedevo: “Certo, questo senso di appartenenza e questo attaccamento sono elementi positivi ma queste persone come le smuoviamo?”. Andando avanti ho visto in questa azienda un grandissimo potenziale, tangibile, lo stesso che l’aveva portata ad esser quello che era: un’azienda forte, ben posizionata sul mercato. Era forte la necessità di coordinare la fase del ciclo di vita che stava vivendo l’azienda con quella delle persone che la abitavano e, quindi, la creavano: coloro che avrebbero dovuto lasciare il testimone e coloro che dovevano prenderlo, questi giovani molto capaci, ambiziosi, pieni di idee e di innovazione. Uno dei punti di forza su cui abbiamo fatto leva è stato dato da quella che abbiamo chiamato l’ “intelligente umiltà”, a mio avviso un ingrediente fondamentale nel passaggio generazionale. Si trattava di quella caratteristica che portava i giovani a dire di sapere molte cose ma contemporaneamente ad ammettere di non saperne tante altre e di aver bisogno della storia dell’azienda. Ciò ha fatto sì che i giovani abbiano vissuto il passaggio generazionale non come un dono ma come una conquista, altro ingrediente fondamentale del passaggio generazionale funzionante: io, “vecchio”, penso che tu, “giovane”, debba imparare molto da me, facendoti sudare la conquista delle competenze; tu, “giovane” sai che è questo è un passaggio da fare. La consulenza in Biagiotti si è evoluta utilizzando il nostro modello di Analisi Transazionale: abbiamo lavorato proprio sugli elementi Genitore-Adulto-Bambino che caratterizzano un passaggio generazionale. C’è una fase di pianificazione e scelta degli obiettivi che possiamo definire come la fase “adulta”; c’è, tuttavia, tutta una serie di risposte automatiche a fronte di disposizioni genitoriali. Come dicevamo prima, esse includono le risposte al “padre” che aveva creato l’azienda; c’è poi un desiderio di innovazione, di esplorazione e di cambiamento tipico del Bambino.

Ti sarei grata, a questo proposito, Mirko, se mi parlassi degli aspetti di miglioramento che, secondo te, ha portato la consulenza e di quelli che sono stati per te i momenti topici.

Mirko: Me n’è venuto in mente uno proprio adesso. Si tratta di un giorno in cui abbiamo partecipato al Master di Comunicazione di Performat. Uno dei problemi maggiori dell’azienda era proprio dato dalla difficoltà di parlare tra noi. Avevamo formato una buona struttura in azienda ma c’erano nei problemi nel passaggio di informazioni. Spesso volevamo raggiungere lo stesso obiettivo e con gli stessi mezzi ma eravamo statici: ognuno fisso nella propria posizione, non riuscivamo a trovare un punto di incontro e nascevano attriti. Uno dei partecipanti era proprio convinto fosse il momento che accadesse una rottura importante, che si dovesse finalmente arrivare allo scontro diretto. Decidemmo di arrivarci. Forse proprio da lì è nato qualcosa di più: i “vecchi” hanno capito che eravamo davvero pronti a tutto. Confrontarci con le altre aziende ci ha permesso di orientarci e di aprire un po’ gli occhi. Sembra banale per voi consulenti ma per chi sta in azienda dalla mattina alla sera è diverso. Stare tante ore insieme non vuol dire necessariamente avere una buona produttività o essere efficienti ed efficaci: può anche portare al non sapere che fare. Affrontare un Master di Comunicazione non significa soltanto capire come funziona la comunicazione, ma anche avere la possibilità di ascoltare l’opinione di tutti.

Irene: Quali ricadute secondo te ci sono state da diversi anni a questa parte?

Mirko: L’azienda è cresciuta dal punto di vista esperienziale ed anagrafico. Le ricadute ci sono state: i soci storici sono ancora in azienda, coinvolti nelle decisioni fondamentali, visto che detengono il cinquanta percento delle azioni aziendali. La realtà economica, tuttavia, è cambiata e sono loro sono stanchi, anche dal punto di vista anagrafico.

Irene: Concludo l’intervista. Riprendendo i modelli citati da Emanuela penso che la “modalità narcisistica”, il “perdente critico” l’ “entusiasta compiacente” siano anche modalità con cui può essere affrontato un ricambio generazionale. Affrontare un passaggio generazionale da parte delle nuove leve significa non cedere al delirio di onnipotenza che può portarle a credere di non avere bisogno di nessuno ma neanche bloccarsi in un atteggiamento passivo-aggressivo. Sarebbe interessante, da questo punto di vista, andare a leggere quali siano stati gli elementi negativi che non sono stati presenti nel comportamento dei soggetti che hanno messo in piedi, con successo, il passaggio generazionale. Da un punto di vista strettamente consulenziale credo che le leve più importanti che noi consulenti abbiamo utilizzato in azienda siano state la diffusione di una cultura della comunicazione e condivisione all’interno dell’azienda. Questo è a mio parere uno degli ingredienti della ricetta di un passaggio generazionale che funziona. Nel lavorare sulla comunicazione oggi è importante non cedere all’eccesso: se qualche tempo fa il rischio più grosso era quello che le informazioni non arrivassero, oggi rischiamo tutti di essere sovrainformati su tutto! La comunicazione non è l’”informazione per tutti su tutto”, ma consiste nel saper distinguere chi deve sapere cosa per lavorare al meglio, andando a toccare tutti e tre i livelli del modello G-A-B: le norme necessarie, la creatività, l’innovazione, la voglia di continuare ad esserci e quella di andare incontro al cambiamento.

Irene Massai è Psicologa del lavoro, Psicoterapeuta ad indirizzo Analitico Transazionale, Analista Transazionale Certificata in campo clinico, Docente senior in processi aziendali.

Mirko Vanni è Responsabile Amministrazione della Floricoltura Biagiotti s.agr.s., titolare di Bstore s.r.l, Socio di Bmoving s.r.l.